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21/05/2013 - Michele Vietti risponde a De Tilla sul ripristino della mediazione obbligatoria


L’avv. Maurizio De Tilla in qualità di Presidente dell’Associazione nazionale avvocati italiani – con una lettera aperta – aveva criticato le recenti posizioni del vicepresidente del CSM Michele Vietti a favire del riprristino della mediazione obbligatoria. A breve giro di posta, Michele Vietti ha replicato duramente a De Tilla ricordando statistiche e best practices europee. Di seguito le due lettere.

Lettera di De Tilla a Vietti

Illustre On. Avv. Michele Vietti,

ricordiamo sempre le Sue grandi battaglie, come Sottosegretario di Stato, per la crescita delle professioni nel segno di una concezione identitaria e non mercantile.

Ricordiamo, altresì, quante volte Ella – come parlamentare – è stato vicino all’Avvocatura per ribadirne l’autonomia e tutelarne la dignità.

Prendiamo, inoltre, atto del Suo autorevole perdurante impegno, come Vice Presidente del CSM, per assicurare l’indipendenza della magistratura, garanzia di terzietà e di prestigio del potere giudiziario.

In tutti i Suoi alti ruoli ha svolto e svolge un lavoro prezioso per il Paese e per la Giustizia.

Non comprendiamo, quindi, la Sua ostinazione a portare avanti un’iniziativa improvvida, qual è la obbligatorietà della mediaconciliazione, che è stata dichiarata incostituzionale dalla Corte Costituzionale e che non potrà essere riproposta per le innumerevoli ragioni di illegittimità che sono state illustrate nelle ordinanze di rimessione alla Consulta riportate per esteso nella sentenza di incostituzionalità.

È sufficiente leggere nella parte narrativa la motivazione della decisione della Corte Costituzionale per prendere consapevolezza che la normativa sulla obbligatorietà della mediaconciliazione – oltre che per il vizio macroscopico di eccesso di delega – sarebbe stata inficiata da altre ben più gravi ragioni: la grave limitazione all’accesso alla giustizia, la non gratuità della procedura, gli effetti negativi nel successivo giudizio, che comporta la introduzione di un vero e proprio quarto grado di giudizio, la lunga durata del tentativo, l’eccessiva estensione delle materie, la inidoneità dei mediatori e, infine, l’evidente intento di lucro che ha fatto in modo che si costituissero più di mille Camere di conciliazione private, autorizzate in massima parte con il silenzio-assenso.

Illustre On. Vietti,ci permettiamo di invitarLa a prendere atto di ciò e a riflettere bene sul perché in tutti i Paesi europei non esiste la obbligatorietà della media conciliazione e, dappertutto, si va piuttosto ad incentivare la conciliazione endoprocessuale.

Sarebbe poco dignitoso aprire un nuovo fronte con una rinnovata contrapposizione tra i cittadini e gli avvocati, da una parte, e i poteri economici forti, dall’altra, che puntano alla mediaconciliazione obbligatoria.

La celerità della giustizia può garantirsi con diversi strumenti: il processo telematico, la spesa razionale delle risorse destinate alla giustizia, l’incremento dei giudici togati, la loro produttività, la introduzione di prassi virtuose con il metodo Barbuto, lo smaltimento dell’arretrato affidato a giudici laici.

Siamo sicuri che Ella saprà ben comprendere il significato di questa nostra lettera aperta rivolta a Lei per il ruolo che riveste come Vice Presidente del C.S.M.

Nel segno della più sincera stima.

Maurizio de Tilla – Presidente A.N.A.I.


Replica di Vietti a De Tilla

Lettera aperta all‘Avvocatura

Roma 21.05.2013


Caro Maurizio,

sono stato accusato di promuovere un’iniziativa ”improvvida” quale sarebbe l’obbligatorietà della mediazione.

Vorrei innanzitutto chiarire che ho sempre ritenuto lo strumento della mediazione utile per deflazionare l’ormai insostenibile carico di lavoro che grava sui nostri tribunali civili.

Desidero però rassicurare che la mia non è affatto una crociata in favore della mediazione e contro il ricorso alla giurisdizione.

Tutto al contrario, la mia preoccupazione è proprio quella di ripristinare le condizioni minime perché la giurisdizione possa tornare a garantire ai cittadini risposte tempestive ed efficienti.

E la mediazione mi sembra un valido strumento per garantire un filtro all’accesso indiscriminato alla giustizia professionale, al pari peraltro di istituti quali l’arbitrato e la conciliazione, che da molti anni affiancano il sistema contenzioso.

E’ bene pero’ riflettere sulla circostanza che se fino ad oggi i sistemi alternativi di risoluzione delle controversie non hanno funzionato, la spiegazione va rintracciata a prescindere dalla qualità del singolo strumento alternativo.

Il problema è culturale, nel senso che dipende in larga parte dal fatto che il cittadino italiano pretende che la propria controversia, indipendentemente dalla tipologia e dalla sua obiettiva rilevanza, sia giudicata da magistrati togati, sino al giudizio di cassazione.

Questa mi sembra la vera ragione del sostanziale fallimento dei sistemi extragiudiziari di risoluzione delle controversie civili, tra cui mi permetto di annoverare la conciliazione giudiziale, che ha percentuali di successo veramente infinitesimali, come è ben noto a tutti coloro che quotidianamente frequentano le aule giudiziarie.

Quindi la previsione della obbligatorietà del preventivo esperimento di forme di risoluzione alternativa delle controversie si pone non già come affermazione di una prava volontà di privazione di diritti costituzionalmente garantiti, ma al contrario come un tentativo di lettura costituzionalmente orientata ed attuale del canone dell’art. 24 della Costituzione: il diritto ad agire in giudizio non postula infatti che prima di rivolgersi ai giudici professionali non si debba tentare di risolvere altrimenti la lite.

E la media conciliazione, sin quando ha operato, mi risulta aver dato risultati incoraggianti, anche sul piano della partecipazione degli avvocati in un ruolo stragiudiziale che in altre parti del mondo rappresenta per loro una parte rilevante dell’attività professionale.

E non è vero che l’Italia sarebbe l’unico Paese ad avere forme obbligatorie di mediazione.

In Austria esiste la conciliazione preventiva obbligatoria quando si tratti di una controversia in materia locatizia, di proprietà immobiliare e nelle liti di vicinato.

In Belgio la mediazione è obbligatoria per le industrie nei seguenti settori: telecomunicazioni, assicurazioni, poste, diritti dell’infanzia, rapporti con il governo, rapporto con le istituzioni dell’Unione Europea, banche, energia, collocamento privato, pensioni, prodotti finanziari.

In Danimarca la conciliazione è obbligatoria per le imprese nel settore del turismo in merito ai viaggi e all’alloggiamento e nel settore dei mutui ipotecari.

In Estonia l’arbitrato è obbligatorio in materia di assicurazione per le imprese, mentre è volontaria la conciliazione.

In Francia il procedimento informativo sulla conciliazione preventiva è obbligatorio mentre il procedimento deve essere espletato in caso di divorzio e nei procedimenti davanti al Conseil des prud’hommes, in materia di contratti di locazione abitativi, per la vendita diretta ed in tema di pubblicità in relazione alla partecipazione delle industrie.

In Germania l’obbligatorietà è prevista in caso di immatricolazione dei veicoli a motori e per i reclami davanti alla Banca centrale tedesca. Alcuni Land hanno inserito l’obbligatorietà per altre materie quali le controversie patrimoniali di valore non superiore a 750 €, nell’ambito del diritto di vicinato ed in materia di diffamazione.

In Irlanda è necessaria la partecipazione a metodi ADR per il settore della pubblicità, delle pensioni, della vendita diretta e dei servizi finanziari.

In Inghilterra vi è attualmente una forte spinta verso la mediazione obbligatoria. In Svezia la mediazione è obbligatoria per le controversie che ineriscono la locazione ad uso commerciale.

Credo quindi che si debba ragionevolmente tornare a parlare subito di ADR, senza pregiudizi e in un’ottica costruttiva.

Ma con uno spirito necessariamente proiettato verso una radicale riforma del nostro sistema giudiziario, piuttosto che ancorato a forme di conservazione che, di fronte allo stallo attuale, non hanno più ragione di essere.

Michele Vietti




20/05/2013 - Cancellieri: la mediazione si è rivelata di grande efficacia


Il  Ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri ha esposto in Commissione Giustizia al Senato le linee politiche e gli interventi che intende attuare nel corso del suo mandato alla guida di Via Arenula.

Nell’audizione di oggi, lunedì 20 maggio, il Ministro Cancellieri ha dichiarato: Un’ulteriore linea di azione, che mi sembra importante percorrere nell’ottica di una deflazione dei carichi giudiziari, attiene alla revisione della normativa sulla mediazione obbligatoria, tenendo conto dell’orientamento espresso dalla Corte Costituzionale, ed in esito ad un’ ampia e condivisa valutazione con tutti i principali operatori del settore.

Lo strumento della mediazione – come dimostrano esperienze europee in sistemi giudiziari simili al nostro e come ha dimostrato anche la sia pur breve sperimentazione attuata nel nostro Paese nelle forme della obbligatorietà – si è rivelato di grande efficacia sotto il profilo dell’abbattimento del contenzioso civile, con un positivo effetto anche sul piano della composizione dei conflitti tra le parti, per circa la metà dei quali è stato raggiunto l’ accordo.

È uno strumento che evidentemente necessita di una metabolizzazione sul piano culturale; quindi, quanto più si riuscirà a sensibilizzare l’opinione pubblica sui positivi risultati indotti dall’adesione a tale meccanismo, tanto più ne trarrà giovamento la macchina dell’Amministrazione della giustizia civile.

Ovviamente, la diffusione di tale strumento dovrà essere accompagnata da regole deontologiche e di incompatibilità serie e rigorose, dal rispetto di un principio di competenza, da una adeguata professionalità dei mediatori.



12/04/2013 - Rilanciata la mediazione obbligatoria dai saggi di Napolitano


I 10 saggi nominati dal Presidente della Repubblica Giorgio Mapolitano rilanciano con forza il ripristino di forme obbligatorie di mediazione per l’efficienza della giustizia civile. Al punto 26 dedicata alla giustizia civile, la Relazione Finale del Gruppo di Lavoro sulle riforme istituzionali propone: a) l’instaurazione effettiva di sistemi alternativi (non giudiziari) di risoluzione delle controversie, specie di minore entità, anche attraverso la previsione di forme obbligatorie di mediazione (non escluse dalla recente pronuncia della Corte costituzionale –sent. n. 272 del 2012 – che ha dichiarato illegittima una disposizione di decreto legislativo che disponeva in questo senso, ma solo per carenza di delega); questi sistemi dovrebbero essere accompagnati da effettivi incentivi per le parti e da adeguate garanzie di competenza, di imparzialità e di controllo degli organi della mediazione.



03/04/2013 - Viviane Reding, numero due della UE e commissario alla Giustizia: "Più spazio alle mediazioni extragiudiziali"


Da tempo chiediamo che si dia più spazio alle mediazioni extragiudiziali. Ne avevo parlato con Alfano, che si era impegnato in questo senso. Noi abbiamo inserito nella direttiva europea sui contratti di vendita il ricorso obbligatorio alla mediazione. I contenziosi dovrebbero arrivare alla Corte solo quando la mediazione extragiudiziale fallisce, quando proprio non si riesce a mettersi d'accordo. Ma occorre riformare la legge in modo che siano gli stessi giudici ad avere il potere di ordinare il ricorso alla mediazione extragiudiziale.

Signora Reding, il quadro della situazione della giustizia civile in Italia che lei come commissario europeo ha presentato oggi è a dir poco disastroso. Siamo agli ultimi posti in Europa sia per la lunghezza dei procedimenti, sia per la percezione dell' indipendenza dei giudici. Che cosa dobbiamo fare? «Come si sa, in materia di Giustizia la Commissione non ha il potere di dire agli Stati membri che cosa devono o non devono fare. Si tratta di decisioni nazionali edè un' autonomia che io rispetto perché ogni sistema giudiziario ha tradizioni e caratteristiche diverse e deve risolvere i problemi nel modo che gli è più congeniale. E del resto, nelle mie intenzioni, questo non è un concorso di bellezza. Ciò che abbiamo voluto fare è suonare una sveglia: dare l' allarme perché ci sono Paesi in cui il malfunzionamento della giustizia civile danneggia pesantemente la ripresa economica e allontana gli investimenti dall' estero».

E l'Italia è uno di questi. Qual è il nostro maggior problema? «Sicuramente la durata dei procedimenti giudiziari. I tempi lunghi creano ingorghi e si riflettono anche sulla credibilità del sistema. Ma devo dire che questo governo ne è ben consapevole. Il ministro Paola Severino, quando ha visto i primi dati della nostra indagine, ha reagito subito e ha messo in campo una serie di riforme importanti. I dati che pubblichiamo si riferiscono al 2010. Io ho fiducia che l' anno prossimo, con dati più recenti, il risultato dell' Italia sarà migliore».

Intanto nel nostro Paese la magistratura è costantemente sotto attacco... «Come ho detto anche in conferenza stampa, giù le mani dai magistrati. Se vogliamo un sistema giudiziario indipendente, dobbiamo lasciarlo lavorare».

Secondo i rapporti del Consiglio d' Europa, l' Italia ha il problema di un codice di procedura che premia la procrastinazione e il rinvio. «Non è un problema solo dell' Italia. Da tempo noi chiediamo che si dia più spazio alle mediazioni extragiudiziali. Ne avevo parlato anche con Alfano, che si era già impegnato in questo senso. Noi abbiamo inserito nella direttiva europea sui contratti di vendita il ricorso obbligatorio alla mediazione. I contenziosi dovrebbero arrivare alla Corte solo quando la mediazione extragiudiziale fallisce, quando proprio non si riesce a mettersi d' accordo. Ma occorre riformare la legge in modo che siano gli stessi giudici ad avere il potere di ordinare il ricorso alla mediazione extragiudiziale.

Il vostro rapporto mette in luce enormi differenze tra un Paese e l' altro. Ma in Italia ci sono anche forti squilibri regionali. Ve ne siete occupati? «Questo è un compito di ogni Stato membro. Certo, se io fossi il ministro della Giustizia e ricevessi dati così allarmanti, cercherei di andare a fondo della questione anche esaminando eventuali divergenze tra le diverse regioni».

Perché vi siete occupati solo della giustizia civile e non di quella penale, che pure in Italia non presenta cifre incoraggianti? «Perché in questi campi, come dicevo, l' Europa non ha poteri di intervento diretto. Abbiamo voluto partire dall' attività giudiziale che ha una maggiore ricaduta in campo economico anche perché il funzionamento della giustizia è diventato uno dei criteri di base nella formulazione delle raccomandazioni economiche indirizzate a ogni Paese nel quadro del monitoraggio europeo. L' attrattiva di un Paese come un posto per investire e fare affari dipende anche da un sistema giudiziario efficiente e indipendente. Per questo sono importanti decisioni legali prevedibili, puntuali e applicabili e per questo le riforme in tema di giustizia sono diventate un' importante componente strutturale della strategia economica europea»



14/03/2013 - Un passo avanti per le ADR e ODR dall’Europa


Il 12 marzo scorso i membri della Commissione Mercato Interno e Protezione dei Consumatori del Parlamento Europeo hanno approvato a larga maggioranza la Direttiva sulla risoluzione alternativa delle controversie per i consumatori (Alternative Dispute Resolution o ADR) e il Regolamento relativo alla risoluzione delle controversie online per i consumatori (Online Dispute resolution o ODR), che permetteranno ai consumatori dell’UE di ricorrere ad organismi ADR di qualità per trattare, anche online, in modo efficace, equo, indipendente e trasparente le controversie relative alla vendita di beni e alla fornitura di servizi da parte di professionisti.

In particolare, la direttiva ADR disporrà la piena copertura ADR a livello di UE, imponendo agli Stati membri di prevedere organismi ADR per tutti i settori di attività, nonché imporrà agli stessi organismi di soddisfare criteri di qualità e trasparenza (anche attraverso l’introduzione di disposizioni atte a garantire l’imparzialtà dei mediatori) e agli operatori commerciali di informare i consumatori sui propri siti web e nelle clausole relative a termini e condizioni generali di vendita sulla possibilità di ricorrere all’ ADR nell’eventualità in cui non riescano a risolvere direttamente una controversia con i medesimi.

Il regolamento ODR, invece, permetterà di usufruire, per controversie derivanti da acquisti transfrontalieri avvenuti online, di una piattaforma web in tutte le lingue dell’UE che smisterà i complaints agli organismi che offrono ADR a livello nazionale. La piattaforma sarà gestita dalla Commissione Europea e sarà accessibile sul portale “Your Europe”.

A questo riguardo, gli operatori commerciali saranno tenuti a fornire sui propri siti web un link elettronico alla piattaforma ODR per informare i consumatori. Il regolamento ODR entrerà in vigore 20 giorni dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea mentre la Direttiva europea dovrà essere recepita dai singoli Stati membri entro due anni.

In conclusione, c’è da attendersi e sperare che in questo momento di crisi economica tali nuove regole UE diano fiducia ad acquirenti e venditori trasfrontalieri divenendo così nuova linfa vitale per il commercio internazionale il quale, a sua volta, dia uno slancio fondamentale per la ricrescita economica globale.